L'evoluzione tecnologica ha permeato ogni aspetto della nostra vita, compresa la cultura. Negli ultimi anni, l'arte generata dall'intelligenza artificiale (IA) è emersa come una forma d'espressione che sfida le convenzioni tradizionali, sollevando soprattutto domande fondamentali sulla sua accettazione all’interno del settore. La recente acquisizione di due opere generate dall'IA da parte del Museum of Modern Art (MoMA) di New York rappresenta un segnale chiaro della crescente legittimazione di questo linguaggio.
I protagonisti della “svolta” epocale sono Refik Anadol e Ian Cheng. Sono diventate parte della collezione permanente della celebre istituzione newyorkese rispettivamente l’installazione "Unsupervised” e “3FACE”. La prima, concepita da Refik Anadol, utilizza un modello di machine learning "allenato" per reinterpretare in modo alternativo gli ultimi 200 anni di espressione artistica raccolta nel museo. Nello specifico il suo schermo di 10x 10 m trasmette tre opere digitali, nate proprio dall’utilizzo dell’archivio dei lavori posseduti dal museo. “Unsupervised” è stata donata al MoMA dall’imprenditore Ryan Zurrer, conosciuto oltre che per le sue aziende, anche per i lauti investimenti in cripto valute.
L’artista Ian Cheng, invece, attraverso l'opera "3FACE" regalata da Outland Art, esplora le tecnologie blockchain e la decentralizzazione dei dati, utilizzando l'adattabilità dell'IA per analizzare transazioni e generare un ritratto visivo basato su queste informazioni.
In realtà per il museo statunitense l’approccio all'arte generata dall'IA non costituisce di per sé una novità: nel lontano 2016 l’istituzione aveva già incluso nella sua collezione la trilogia "Emissaries" proprio di Ian Cheng: una serie descrivibile come un set generativo di "simulazioni sull'evoluzione cognitiva, passata e futura, e sulle condizioni ecologiche che la modellano".
Del resto, queste due ulteriori acquisizioni rappresentano senza dubbio un punto di svolta nell'istituzionalizzazione dell'arte generata dall'intelligenza artificiale. È un segno tangibile della sua crescente accettazione all’interno di un percorso che è ormai difficile da ignorare e che prelude ad un cambio di rapporto tra uomo e “macchina” nell'esperienza artistica.
Oltre al MoMA, altri musei stanno concentrando una parte delle loro attenzioni sull'arte generata dall'IA. Nel maggio del 2023, ad esempio, il Denver Art Museum ha esposto la prima opera d'arte di tal tipo: un video intitolato "Us" realizzato dalla poetessa Jennifer Foerster e animato da software orchestrati dall'artista Steve Yazzie.
Venendo all’ambito europeo, invece, sono le gallerie private a segnare il passo, molto più delle istituzioni. Ad esempio, a marzo di quest’anno ad Amsterdam è stata inaugurata la prima realtà del settore esclusivamente dedicata ad opere create con il supporto dell’AI: la Dead End Gallery. Curioso sottolineare come i commenti degli operatori culturali non siano stati tutti favorevoli: sostanzialmente si percepisce ancora una netta divisione tra sostenitori dei “nuovi” strumenti creativi e detrattori.
Il punto di svolta potrebbe proprio derivare dall’inserimento sempre più cospicuo di tali opere all’interno delle collezioni delle istituzioni. È innegabile che l'intelligenza artificiale stia plasmando in modo indelebile il panorama artistico contemporaneo, passando da curiosità marginale a forza significativa che richiede una riflessione approfondita sulla sua posizione nella cultura e nell'arte del nostro tempo. L’accettazione da parte di tutti gli operatori del settore rappresenta una scommessa sull’intera evoluzione dell'espressione artistica umana.
Genovese di nascita, milanese d’adozione, Elisabetta Roncati ha deciso di unire formazione universitaria economica/manageriale e passione per la cultura con un unico obbiettivo: avvicinare le persone all’arte in maniera chiara, facilmente comprensibile e professionale. Interessata ad ogni forma di espressione artistica e culturale, contemporanea e non, ha tre grandi passioni: l’arte tessile, l’arte africana e l’arte islamica.
Consulente in ambito arte, crede fermamente che la cultura abbia il potere di travalicare i confini delle singole nazioni, creando una comunità globale di appassionati e professionisti.
Nel 2018 ha fondato il marchio registrato Art Nomade Milan, con cui si occupa di divulgazione digitale sui principali social media.
Perché, “L’arte è un incidente dal quale non si esce mai illesi” (Leo Longanesi).