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Otto Hofmann

 

Otto Hofmann

Otto Hofmann nasce il 28 aprile 1907 a Essen, nella Ruhr. Trascorre l’infanzia e la giovinezza a Jena, in Turingia, non lontano dalla città di Weimar.

A seguito dell’inflazione causata dalla Prima Guerra Mondiale le risorse finanziarie della famiglia si riducono considerevolmente, impedendo per alcuni anni al giovane Hofmann di dedicarsi alla pittura, com’era suo desiderio. Si iscrive quindi alla scuola di architettura di Stoccarda, dopo un periodo di apprendistato in cui acquisisce le nozioni pratiche sulla costruzione edilizia.

Verso la metà degli anni Venti incontra e frequenta assiduamente Walter Dexel, artista visivo multimediale che dal 1916 al 1928 è anche direttore del Kunstverein di Jena. La conoscenza di Dexel e il suo incoraggiamento sono determinanti per Hofmann, che indirizza definitivamente i suoi interessi verso le arti figurative. Segue regolarmente le attività del Kunstverein, che per iniziativa del suo direttore era divenuto un importante centro di promozioni culturali. Infatti vi sono organizzate mostre, conferenze ed incontri con storici dell’arte e con artisti delle diverse tendenze d’avanguardia: espressionisti, dadaisti ed esponenti del Bauhaus come Paul Klee, che viene qui invitato da Dexel, nel 1924, a tenere la sua famosa lezione sull’arte moderna.

Hofmann viene introdotto da Dexel nell’ambiente del Bauhaus e si reca più volte a visitare l’Istituto di Dessau. Nel 1928 termina gli studi di architettura alla Technische Hochschule di Stoccarda. Si iscrive al Bauhaus di Dessau dove il suo nome figura per la prima volta nell’elenco degli allievi che seguono i corsi del semestre invernale. Per tre anni, oltre ai corsi di Klee e Vasilij Kandinsky, segue quelli tenuti, sulle rispettive discipline, dagli altri insegnanti, tra cui Josef Albers, Oskar Schlemmer, Joost Schmidt, Hannes Meyer, Hinnerk Scheper.

Nell’ambito delle varie attività del Bauhaus collabora alla realizzazione di diversi progetti nella città di Dessau, come l’arredo del Palais Hilda, l’elaborazione dei piani per la costruzione di una chiesa e lo studio cromatico per la Biblioteca Comunale. Partecipa all’organizzazione di esposizioni itineranti sulle attività del Bauhaus ed esegue progetti per le tappezzerie che vengono prodotte dall’Istituto. Sperimenta varie tecniche con il mezzo fotografico, realizzando fotografie e fotocollage. Svolge una ricerca sul rapporto tra l’architettura moderna e il gotico, che illustra in una conferenza.

Il 31 maggio 1930 all’interno del Bauhaus viene inaugurata una sua mostra personale comprendente dipinti, acquerelli e disegni. Partecipa alla mostra “Gruppe junger Maler vom Bauhaus Dessau” organizzata al Kunstverein di Jena dal 12 al 26 ottobre. In occasione dell’apertura della mostra Hofmann tiene una conferenza dal titolo Die Malerei in unserer Zeit (Pittura nel nostro tempo).

Nel mese di marzo del 1931 tiene una mostra personale al Haus der Juryfreien di Berlino. Termina gli studi al Bauhaus dove si diploma il 9 luglio.

Nel 1932 il Kunstverein di Erfurt gli dedica una mostra personale. Nel corso dell’anno, nella città di Jena vengono ordinate altre due sue mostre personali, una al Kunstsalon Ziegler e l’altra allo Jenaer Kunstverein. In quest’ultima occasione Hofmann tiene la conferenza dal titolo: Die geistige Situation der abstrakten Malerei (La situazione spirituale della pittura astratta).

Partecipa alla mostra “Lebendige deutsche Kunst”, organizzata a Berlino presso Cassirer und Flechthein.

Nel 1933, in seguito al definitivo avvento al potere del nazismo, Otto Hofmann fugge in Svizzera dove, a Zurigo, incontra Hans Arp ed altri esponenti del gruppo Dada zurighese. Nel mese di marzo arriva in Francia e si stabilisce a Parigi in Rue Daguerre, nel quartiere di Montparnasse. Frequenta il milieu artistico parigino dove conosce Fernand Léger, mentre ritrova, insieme a Kandinsky ed Arp, molti degli artisti a cui era legato in Germania e che, come lui, avevano scelto la capitale francese per sfuggire alla dittatura.

Nel 1934 esegue una serie di collage, intitolati Nacht Collagen, da cui emergono chiaramente le matrici dada e costruttiviste. Questi lavori sono realizzati combinando insieme, sul fondo nero dei fogli, interventi grafici disegnati a mano, con immagini grafiche e fotografiche, una tecnica che, unita alla sua personale concezione estetica, gli permette di ottenere risultati di grande suggestione visiva.

Tiene una mostra personale alla Galerie Nierendorf di Berlino.

Mentre la dittatura nazista aggrava le condizioni di vita e di lavoro, Hofmann trova sostegno da parte dei mercanti d’arte Nierendorf e Moeller. Lavora per la Manifattura di Stato della Porcellana di Berlino. I nazisti gli notificano il divieto di dipingere, mentre i suoi quadri sono confiscati in quanto “arte degenerata“.

Agli inizi del 1938 si ritira in Turingia, nel piccolo paese di Hainichen, vicino a Dornburg, una cittadina che dista solo una trentina di chilometri da Weimar, prima sede del Bauhaus. Dornburg vantava un’antica tradizione nel campo della ceramica e per questa ragione era stata scelta per installarvi gli atelier di ceramica del celebre Istituto. Qui Hofmann ritrova Otto Lindig, un amico di vecchia data che era stato studente al Bauhaus di Weimar nei primi anni Venti divenendone in seguito direttore dell’officina di ceramica. A partire dal 1930 Lindig aveva continuato a gestire in proprio, con grande successo, l’atelier di Dornburg. Hofmann inizia a lavorare con lui alla creazione ed alla produzione di oggetti in ceramica e la loro collaborazione si protrae fino all’inizio della guerra.

Tra il 1939-1946 viene arruolato nelle truppe della Wehrmacht ed inviato dapprima in Francia, poi in Grecia ed infine in Russia dove, fatto prigioniero, viene tenuto fino al 1946. Liberato dalla prigionia, ritorna in Turingia, a Rudolstadt. Riprende la sua attività pittorica e grazie alla sua esperienza di disegnatore e di architetto lavora, insieme alla moglie, alla salvaguardia e alla conservazione del patrimonio artistico ed architettonico della Regione. Nel corso dell’anno vengono organizzate le sue prime mostre personali dopo la liberazione: alla Galerie Gerd Rosen di Berlino e all’Angermuseum di Erfurt.

Nel mese di marzo del 1947 la Galerie Gerd Rosen gli dedica una seconda personale, presentata in catalogo da Hans Thiemann, in cui espone quarantatre opere tra oli, acquerelli e disegni. Nel corso dell’anno tiene una mostra personale alla Galerie Otto Ralfs a Braunschweig.

Nel 1948 a Rudolstadt edita in proprio il suo primo portfolio, intitolato Variationen, contenente sei xilografie di piccolo formato in bianco e nero, tre delle quali colorate a mano. L’Angermuseum di Erfurt gli dedica una seconda personale. Nel mese di novembre tiene la sua terza esposizione personale alla Galerie Rosen di Berlino che pubblica un portfolio in settanta esemplari contenente dieci litografie a colori, con la prefazione di Roland Schacht.

Nel 1949 realizza un secondo portfolio composto da sei xilografie dal titolo Von einer Insel che ancora una volta edita in proprio. La Galerie Otto Ralfs di Braunschweig gli dedica un’altra mostra personale.

Nel 1950 si stabilisce a Berlino Ovest dove apre un suo atelier. A partire da questo momento e nel corso del 1951 realizza un importante nucleo di opere su carta che costituiscono un capitolo a parte all’interno del suo ciclo creativo. La tecnica usata per queste opere su carta – scelta per Hofmann inusuale - è il carboncino, accompagnato spesso da pastelli colorati, tempera o acquarello.

Nel corso degli anni Hofmann, a questo punto della sua vita, reinventa totalmente il suo vocabolario di forme astratte, di segni, di sfumature e di colori. All’ormai consolidato repertorio formale ereditato dagli insegnamenti del Bauhaus e alla magia di alcune intuizioni spaziali vicine ad una percezione dello spazio metafisico e favolistico di alcuni dipinti degli anni Trenta, Hofmann ora aggiunge una serie di variazioni e invenzioni basate sul lessico formale dell’arte “astratto-concreta”. Questi suoi lavori confluiranno nel 1952 nella mostra di “Réalités Nouvelles”, rassegna fondata da Frédo Sidès nel 1939 e che annovera nel proprio comitato direttivo diversi artisti, tra cui Arp, Félix Del Marle, Sonia Delaunay, Jean Dewasne, Albert Gleizes, Jean Gorin, Auguste Herbin e Anton Pevsner.

Prende parte a Berlino alla mostra “22 Berliner Bauhäusler“, rassegna che presenta lavori di artisti berlinesi che nel corso degli anni sono stati studenti o insegnanti al Bauhaus e che operano nelle diverse discipline artistiche. L’esposizione, che viene presentata in catalogo da Hubert Hoffmann, vede la partecipazione di Otto Lindig con le sue ceramiche, di Wilhelm Wagenfeld con le sue celebri creazioni in vetro, degli architetti Eduard Ludwig, Fritz Pfeil, Hubert Hoffmann, Gerhard Weber, Herbert Hirche, e dei pittori Hannes Schmitt, Kurt Kranz, Scheper ed altri. Esegue una pittura murale per la Bayer-Haus e la Galerie Gerd Rosen, per la quarta volta, gli dedica una mostra personale.

Nel 1951 tiene un’esposizione personale al Märkisches Museum di Witten ed è presente in diverse esposizioni di gruppo. Nel 1952 partecipa al settimo "Salon des Réalitès Nouvelles" di Parigi e una sua opera viene riprodotta sul catalogo della rassegna. Tiene una mostra personale che si apre il 9 settembre alla Galerie Schüler di Berlino, dove presenta diciannove dipinti ad olio e dieci gouaches.

Tra il 1953 - 1965 vive e lavora a Parigi dove frequenta numerosi artisti tra cui Alberto Magnelli, Michel Seuphor e Alberto Giacometti.

Nel corso degli anni Cinquanta esegue un vasto numero di bozzetti per papiers peints che vengono prodotti per la maggior parte negli Stati Uniti. Queste realizzazioni sono emblematiche del processo di semplificazione e di sintesi che Hofmann compie partendo dal suo complesso linguaggio poetico per arrivare a disegnare forme riproducibili industrialmente.

Nel 1953 ottiene il Premio “Città di Berlino” e scrive la sceneggiatura di un film astratto in tredici parti. In questi anni partecipa a numerose mostre di gruppo in Germania, Francia, Olanda e Stati Uniti tra cui “Duitse Kunst na 1945“ allo Stedelijk Museum di Amsterdam, “Berliner Neue Gruppe” alla Staatliche Kunsthalle di Baden-Baden nel 1954 e “Moderne Kunst aus Wiesbadener Privatbesitz” allo Städtischen Museum di Wiesbaden nel 1957, un'esposizione progettata da Walter Höllein dove le sue opere figurano accanto a quelle di Willi Baumeister, Max Beckmann, Georges Braque, Marc Chagall, Max Ernst, Lyonel Feininger, Giacometti, Georg Grosz, Alexej Jawlensky, Kandinsky, Klee, August Macke, Henri Matisse, Ernst Wilhelm Nay, Pablo Picasso, Schlemmer ed altri maestri.

Nel corso del 1955 tiene due mostre personali: la prima, in febbraio, alla Galerie Arnaud di Parigi; la seconda, in settembre, alla Galerie Schüler di Berlino, dove espone diciotto dipinti recenti, acquerelli e disegni, con una prefazione in catalogo di Herta Wescher.

Dai primi anni Sessanta alterna l’attività di pittore a quella di designer. Progetta e realizza diversi oggetti in ceramica e porcellana per la manifattura Hutschenreuther, mentre disegna le decorazioni per molte delle creazioni in porcellana prodotte dalla Rosenthal.

Tra il 1966-1975 viene chiamato come docente alla Hochschule für Bildende Kunst di Berlino dove insegna per undici anni. In questo periodo, oltre a partecipare a diverse mostre di gruppo, gli vengono dedicate diverse esposizioni personali dalle istituzioni pubbliche e dalle gallerie private berlinesi come:

- la Galerie 6, nel maggio 1967, dove è presentato in catalogo da Eberhard Roters;

- il Neuer Berliner Kunstverein, nell’ottobre 1971, che per l’occasione pubblica - sul quaderno n. 3 della serie “Berliner

Künstler der Gegenwart“, a lui interamente dedicato - un ampio testo critico di Helmut Börsch-Supan;

- la Parkgalerie, nel 1971 e nel 1973;

- la Graphotek, nel 1975, dove vengono esposti trentatre acquerelli recenti.

In questo stesso anno, in Barwaldstrasse, esegue una pittura murale nell’Aula Magna della Scuola.

Tra il 1976-1996 Otto Hofmann vive e lavora principalmente in Italia. Istituzioni pubbliche e gallerie private si interessano in maniera crescente al suo lavoro ed organizzano rassegne sempre più complete delle sue opere. Così, nel gennaio 1978 la Galerie Meyer-Ellinger di Francoforte organizza un’antologica comprendente opere dal 1939 al 1978, come pure la Galerie Döbele che, nel 1986, gli dedica una vasta mostra nelle sue sedi di Ravensburg e di Stoccarda, pubblicando per l’occasione una monografia a cura di Hermann Wiesler.

Nel 1987 il Kunsthaus am Museum di Colonia apre una mostra personale comprendente dipinti, acquerelli e serigrafie e ancora, nel 1991, è lo Stadmuseum di Jena a dedicargli una personale. Nel corso del 1993 il Goethe-Institut di Bruxelles e l’Angermuseum di Erfurt aprono rispettivamente un’antologica del suo lavoro comprendente opere dal 1947 al 1989 e per l’occasione viene edito un catalogo bilingue con testi di Dietrich Sturm, Christine Gaspar, Frank Nolde e Jacques Aron. Nel novembre dello stesso anno, promossa dal Goethe-Institut Genua, si tiene una mostra antologica presso la Galleria Martini & Ronchetti di Genova dal titolo, “Otto Hofmann, dal Bauhaus ad oggi. 65 Anni di creazione 1928-1993“, corredata da un catalogo con testi di Josef Gerighausen, Herta Wescher, Hermann Wiesler e con la prima traduzione italiana della conferenza che Hofmann tenne a Jena nel 1932. La mostra prosegue, nel 1994, per il Goethe Institut di Palermo e per la Galleria Giulia di Roma.

Una nuova mostra personale, dedicata agli acquerelli realizzati durante la guerra e la prigionia in Russia, gli viene dedicata dalla Galleria Martini & Ronchetti di Genova nel maggio del 1996 e, contemporaneamente, dallo Studio Reggiani di Milano. La mostra viene ospitata l’anno successivo a Piacenza, presso la Galleria Galliata, e a Roma, alla Galleria Il Segno.

Nel corso di questi ultimi anni, anche a seguito del sempre maggiore interesse della critica e del pubblico internazionale per l’esperienza del Bauhaus e per i suoi esponenti, sono state dedicate ad Otto Hofmann numerose altre mostre personali in diversi Paesi europei, come pure numerose sono state le sue partecipazioni a mostre di gruppo che hanno permesso una migliore e più approfondita lettura sia del suo ruolo, sia del suo linguaggio artistico e pittorico così emblematico di una ben determinata poetica dell’astrazione.

Otto Hofmann muore a ottantanove anni a Pompeiana, in Liguria, il 23 luglio 1996.

(Fonte: http://www.martini-ronchetti.com/hofmann/default.htm)



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